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Il concetto del cane legato

 

 

Ogni volta che mi sono innamorato di qualcuno mi sono sempre sentito piccolo.

Non ho mai capito perchè, ma la risposta più sensata mi sembra che sia quella di non sentirmi all’altezza. 

Penso di meritarmelo peró, ho sempre fatto il bravo; qualche volta ho sbagliato anch’io, lo ammetto, ma un po’ d’amore lo meritano tutti.

Persino chi per assurdo non se lo merita.

Quindi me ne stavo in un angolo, forse nemmeno aspettavo e silenzioso guardavo l’amore da lontano, sognandolo e custodendolo come la cosa più preziosa che avessi. Ed è proprio vero che è la cosa più preziosa che possiedo.

Un piccolo bambino, in disparte nascosto, appagato dalla gioia degli altri bambini che si rincorrono l’un con l’altro senza un motivo ben preciso. Amandosi senza necessariamente afferrarsi.

Ed io ti guardo, ti amo, 

ti guarderó e ti ameró per sempre, standomene sempre qui al mio posto, dove forse un giorno mi verrai a prendere per mano e mi dirai il tuo nome, oppure ti lascerai guardare sapendomi lì, impreparato davanti alla tua immensa bellezza.

L’ultima ruota del carro

Passava…

Girava su se stessa strisciando per terra, solamente per il motivo che fosse stata concepita per svolgere solo quel compito.

Attribuirono la sua infelicità e quel senso di incompletezza, ad una parola che spesso usavano per non porsi troppe domande:

Destino.

Era così che doveva andare. Era quello il ruolo che doveva ricoprire nella sua vita e quella altrui.

Passava. Girava.Strisciava.

E così sarebbe stato finchè avrebbe retto tutto il peso della carovana, tutto il peso delle persone che ci passassero sopra.

Le altre ruote suggerivano che dal momento in cui si sarebbe stancata, se ne sarebbe accorta dai raggi che poco a poco si sarebbero staccati, non potendole più offrire il loro supporto. Ed essa, avrebbe ceduto con loro….

E sostituita, senza alcuna possibilità di aver potuto riprovare a cambiare il passo della carovana,

che passava…

Lei girava e strisciava, fino a quando avrebbe avuto la forza di sorreggere il peso e quella strada male asfaltata.

Medicina

Erano secoli che pregava di sentire la sua voce ed oggi finalmente le ha parlato.
I suoi silenzi erano troppo sospetti, troppo pesanti, toglievano il fiato. Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo ?
Forse non era colpa sua se lei si faceva troppe menate, ma non poteva fare sempre finta di niente.

“Come stai ?”  Lei chiedeva spesso.

“BENE.”  Lui rispondeva compendioso. E non capiva mai, che dentro a quella banale domanda si nascondeva un pretesto per conoscersi meglio. O forse non voleva semplicemente capirlo e basta.

medicina

Lei si addossava molto spesso le colpe, pensava fosse stato quel suo atteggiamento un po’ troppo invadente ad allontanarlo e credeva soprattutto di allontanarlo, ma non pensava fosse possibile che lui richiedesse solo un po’ di solitudine. Lui e basta.
Da solo si annoia, cosa avrà mai da fare tutto da solo ?

“Cosa hai fatto oggi di bello ?” Insisteva Lei.

“Niente, ho lavorato…cosa ci può essere di bello nella mia giornata se la passo interamente a lavorare ?”  Questa volta fu meno conciso e più ironico.

“Hai ragione anche tu, ma volevo solamente sapere se era andato tutto bene…”

Spesso piangeva di nascosto senza dirglielo, non voleva opprimerlo con le sue paturnie; poi scoppiava, era più forte di lei e allora lo chiamava al telefono per raccontargli la sua giornata.
Lui era abituato ormai a queste cose, infatti la maggior parte delle volte non la ascoltava e la lasciava parlare senza mai interromperla.
Aspettava che la sua mente afferrasse una parola chiave che fosse uscita da un momento all’altro, così che tra quelle sue mille coniugazioni avrebbe trovato qualcosa di interessante.
La sua espressione solitamente si presentava incantata: occhi intenti a fotografare ogni attimo in cui il labbro superiore si fosse congiunto a quello inferiore, frame dopo frame. Ogni tanto annuiva ed il gioco era fatto.
Aveva questo vizio anche a scuola, quando i professori spiegavano ma a lui non interessava la lezione.Ma a Lei bastava questo per sentirsi sollevata, quando ogni giorno il suo morale cadeva a terra pensava a Lui, il suo confidente, la sua valvola di sfogo, il suo unico punto di riferimento, il suo ragazzo.

Lui lo sapeva. Lui sapeva tutto quello che poteva pensare Lei di quel suo modo di fare.

Non era un modo di approfittarsene, ma semplicemente un modo per rimanere se stesso senza dover fare troppa fatica a dover fingere per farla contenta. E ora si amano in questo modo, il modo migliore che esista. Si capiscono senza ascoltarsi necessariamente, perchè tutto vien da sè, tutto quanto è intuitivo e complice.

Lei lo accoglie con tutti i suoi difetti e lui si fa ospitare dal suo cuore.
Un abbraccio stretto tra i due, che vale un’eternità, uno sguardo dritto negli occhi accompagnato da un sorriso felice.

foto (1)

“Come stai ?”  chiede stavolta lui.

 

“Mi sei mancato così tanto – gli sussurra con la voce da bambina –

Ora sto bene…ora che ho ritrovato la mia medicina.”