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Ti seguirò finchè saremo di ritorno

Ho la data della mia morte tatuata sulla pelle, 

E sappiamo che dovrà aspettare, perchè abbiamo entrambi bisogno l’uno dell’altro.

Ho comunque deciso di partire, per cercare di assecondare una parte di me stesso, ma abbi fede che ritorneró da te,

ed io ne avró perchè tu sia qui ad aspettarmi.

Quindi salgo in sella alla mia moto, senza destinazione, dato che nessuno di noi sa esattamente dove andare.

Mi lascio guidare dal vento, o forse sono io che lo sto lasciando fare,

assecondandolo ad ogni suo soffio,

che sia debole o che sia intenso,

poco importa, finchè sarò io a decidere di lasciarglielo fare.

Autostrada infinita, anche sui 160 km/h, per quanto possa correre non c’è posto in cui arrivare e fermarsi per sempre.

È un continuo ripartire, è un continuo ricominciare.

Non esiste casa, se non quella per la via del ritorno, l’unica che conosci e che a volte stanca.

Quindi fuggo, in cerca di quello che non vedo, in quello che non sento, probabilmente anche in quello che non credo e lo faccio da essere umano, da quello che sono,

persona che non sia accontenta mai e vuole sempre ciò che non ha

e che troppo spesso non può avere.

Le sconfitte che scorrono alle spalle resteranno come rifiuti abbandonati per strada,

come pezzi di carta gettati dal finestrino dell’auto davanti a te, che inesorabilmente non vedi l’ora di sorpassare,

perchè devi stare davanti a tutto,

in mezzo a quella strada deserta, essendo padrone di tutto ciò che ti circonda e che in quel momento ti fa da sfondo, come quel cielo diverso a ogni nuvola passata

come quel tramonto non lasciato a caso,

                                                                                       lì,

in quel momento, da Dio.

L’unica cosa rimasta da fare è cercarmi ogni giorno per raccogliermi da terra, e riportarmi sul panorama;

dirmi di guardare, incitarmi a continuare a guidare per le linee tratteggiate e continue,

per la strada asfaltata, per quella sterrata, per quella in salita e per quella in discesa, senza casco per picchiare forte la testa, con il casco solo dopo esser caduto.

Puoi amarmi, solo se mi vedi come io vedo quel cartello sbiadito, messo a caso in un punto:

seguendomi ed intuendo che sia la strada giusta…

 

 

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inspiration track: “Returning”, Black Rebel Motorcycle Club

Il concetto del cane legato

 

 

Ogni volta che mi sono innamorato di qualcuno mi sono sempre sentito piccolo.

Non ho mai capito perchè, ma la risposta più sensata mi sembra che sia quella di non sentirmi all’altezza. 

Penso di meritarmelo peró, ho sempre fatto il bravo; qualche volta ho sbagliato anch’io, lo ammetto, ma un po’ d’amore lo meritano tutti.

Persino chi per assurdo non se lo merita.

Quindi me ne stavo in un angolo, forse nemmeno aspettavo e silenzioso guardavo l’amore da lontano, sognandolo e custodendolo come la cosa più preziosa che avessi. Ed è proprio vero che è la cosa più preziosa che possiedo.

Un piccolo bambino, in disparte nascosto, appagato dalla gioia degli altri bambini che si rincorrono l’un con l’altro senza un motivo ben preciso. Amandosi senza necessariamente afferrarsi.

Ed io ti guardo, ti amo, 

ti guarderó e ti ameró per sempre, standomene sempre qui al mio posto, dove forse un giorno mi verrai a prendere per mano e mi dirai il tuo nome, oppure ti lascerai guardare sapendomi lì, impreparato davanti alla tua immensa bellezza.

il portaSogni

C’è un motivo per il quale sei nata. Come tutti nasciamo per un motivo, ma tu sei nata per qualcosa di speciale.

Tu sei nata per insegnarmi l’amore.

Che tu poi sia nata per me o per qualc’un altro, che tu sia nata solo per me o per il mondo, poco importa quanto il fatto che tu nascessi e basta.

Quel giorno tutto ha avuto più senso, quella notte il sole ha illuminato il buio e lo ha fatto così bene da far si che il giorno esistesse solo con la notte.

Se non fosse per te, io probabilmente sarei ancora convinto che nessuno ti regala niente, per niente in cambio. Poi mi guardi e mi dici che non è vero, tocchi il mio petto indicando il cuore e mi ricordi che il tuo portasogni è ancora qui dentro, ti fidi e lasci che te lo custodisca.

Hai scelto il posto più sicuro, dove nessuno, a parte te, conosce il meccanismo per far si che il mio cuore possa battere per più di un motivo.

Io sono nato per te e tu per me, e le nostre mani sono ingranaggi compatibilmente perfetti e i nostri occhi supervisori che l’amore funziona meglio in due.

Quindi stai tranquilla che nessuno nasce solo e nessuno muore solo, finchè avrà fiducia nelle proprie sensazioni.

E se tu provi quello che provo io, non basterà questa vita per spiegarmelo, ma solo uno sguardo per farmelo capire.

Vivi che io ti ascolto.

Medicina

Erano secoli che pregava di sentire la sua voce ed oggi finalmente le ha parlato.
I suoi silenzi erano troppo sospetti, troppo pesanti, toglievano il fiato. Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo ?
Forse non era colpa sua se lei si faceva troppe menate, ma non poteva fare sempre finta di niente.

“Come stai ?”  Lei chiedeva spesso.

“BENE.”  Lui rispondeva compendioso. E non capiva mai, che dentro a quella banale domanda si nascondeva un pretesto per conoscersi meglio. O forse non voleva semplicemente capirlo e basta.

medicina

Lei si addossava molto spesso le colpe, pensava fosse stato quel suo atteggiamento un po’ troppo invadente ad allontanarlo e credeva soprattutto di allontanarlo, ma non pensava fosse possibile che lui richiedesse solo un po’ di solitudine. Lui e basta.
Da solo si annoia, cosa avrà mai da fare tutto da solo ?

“Cosa hai fatto oggi di bello ?” Insisteva Lei.

“Niente, ho lavorato…cosa ci può essere di bello nella mia giornata se la passo interamente a lavorare ?”  Questa volta fu meno conciso e più ironico.

“Hai ragione anche tu, ma volevo solamente sapere se era andato tutto bene…”

Spesso piangeva di nascosto senza dirglielo, non voleva opprimerlo con le sue paturnie; poi scoppiava, era più forte di lei e allora lo chiamava al telefono per raccontargli la sua giornata.
Lui era abituato ormai a queste cose, infatti la maggior parte delle volte non la ascoltava e la lasciava parlare senza mai interromperla.
Aspettava che la sua mente afferrasse una parola chiave che fosse uscita da un momento all’altro, così che tra quelle sue mille coniugazioni avrebbe trovato qualcosa di interessante.
La sua espressione solitamente si presentava incantata: occhi intenti a fotografare ogni attimo in cui il labbro superiore si fosse congiunto a quello inferiore, frame dopo frame. Ogni tanto annuiva ed il gioco era fatto.
Aveva questo vizio anche a scuola, quando i professori spiegavano ma a lui non interessava la lezione.Ma a Lei bastava questo per sentirsi sollevata, quando ogni giorno il suo morale cadeva a terra pensava a Lui, il suo confidente, la sua valvola di sfogo, il suo unico punto di riferimento, il suo ragazzo.

Lui lo sapeva. Lui sapeva tutto quello che poteva pensare Lei di quel suo modo di fare.

Non era un modo di approfittarsene, ma semplicemente un modo per rimanere se stesso senza dover fare troppa fatica a dover fingere per farla contenta. E ora si amano in questo modo, il modo migliore che esista. Si capiscono senza ascoltarsi necessariamente, perchè tutto vien da sè, tutto quanto è intuitivo e complice.

Lei lo accoglie con tutti i suoi difetti e lui si fa ospitare dal suo cuore.
Un abbraccio stretto tra i due, che vale un’eternità, uno sguardo dritto negli occhi accompagnato da un sorriso felice.

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“Come stai ?”  chiede stavolta lui.

 

“Mi sei mancato così tanto – gli sussurra con la voce da bambina –

Ora sto bene…ora che ho ritrovato la mia medicina.”